«Cosa chiedo a un dipinto? Gli chiedo di stupire,
disturbare,
sedurre,
convincere.»
(Lucian Freud)
Pungente, dissacrante, a tratti irriverente, ma soprattutto libera da qualsiasi suggestione, pregiudizio o modello. Questa è la pittura di David Whitfield, artista inglese, che nella nuova mostra personale intitolata “Reflections: Interpretations” espone i suoi ultimi ed inediti lavori.
Ma facciamo un piccolo passo indietro. Prima di dedicarsi al mondo dell’arte David Whitfield lavora infatti per lungo tempo come cartografo e successivamente come infermiere psichiatrico. Si tratta di esperienze fondamentali che nutrono nel profondo il suo immaginario creativo e che ben presto sfociano in dipinti capaci di scavare nell’intimo della psiche umana. Iniziano così le prime sperimentazioni artistiche che seguono un orientamento decisamente surrealista. Servendosi di un aerografo e di inchiostri colorati in questa prima fase l’artista raggiunge esiti di grande raffinatezza formale e precisione. Avvertendo però in questi virtuosismi tecnici e formali un’arte rigida e priva di intensità emotiva, Whitfield apre gli orizzonti della propria pittura alle più fluide e libere sperimentazioni acquarellistiche, per poi abbracciare le sonore corposità cromatiche di una tecnica acrilica veicolata in un approccio decisamente più espressionistico.
Si arriva così alle opere esposte in questa mostra frutto di una tecnica ormai consolidata, che grazie ad una condotta pittorica estremamente disinvolta, una cromia dalle sonorità squillanti ed una prolifica immaginazione compositiva, indagano con squisita sottigliezza le molteplici sfaccettature della mente e dell’animo umano.
L’acuto spirito di osservazione del pittore non indietreggia di fronte alle emozioni, alle paure più recondite, né ai desideri di un’intimità più torbida, facendo cadere maschere e condizionamenti sociali e trasformando i dipinti in veri e propri pamphlet scenici ad alta tensione.
Un groviglio di sentimenti ed emozioni si intreccia al sovrapporsi di figure deformate e prive di peso che, quasi come visioni spettrali, si muovono in spazi instabili ed indefiniti, giocando con le trasparenze cromatiche. E’ l’umana condizione, magistralmente rappresentata dall’artista inglese nella sua essenziale nudità attraverso una pittura tormentata ma capace al tempo stesso di risplendere nell’estasi delle tinte. Un esistenzialismo quello di Whitfield che dal punto di vista formale si traduce in una deformante patologia estetica, che porta ad una deflagrazione della trama figurativa, i cui frammenti sono tenuti insieme da un forte senso del colore. Se i corpi deformati e scomposti, nei quali si riflette l’anima dell’uomo moderno, sembrano ricordare le defigurazioni di Francis Bacon, del tutto originale è l’incredibile tensione tra energia straripante e cruda drammaticità che contraddistingue ogni dipinto di Whitfield. Le gracili figure dell’artista di Newcastle, seppur corrose dall’attrito del mondo, mettono a nudo maschere sociali, si affacciano sull’orlo di spaventose voragini interiori e alzano il velo dell’ipocrisia, disvelando il tumulto dell’esistenza umana in tutta la sua infinita varietà.
Whitfield ci conduce così passo dopo passo nella grande o piccola commedia che insceniamo ogni giorno, nei suoi artefici, nelle dissimulazioni e nelle frustrazioni sociali attraverso modernissime e vivaci “conversation piece”, che in un susseguirsi di cortocircuiti tra realtà e finzione, tra sembrare ed apparire, tra commedianti e non, ci ricordano che “nel lungo tragitto della vita tante sono le maschere che incontreremo e pochi i volti” (Luigi Pirandello).
Virginia Bazzechi Ganucci Cancellieri